Grandi manovre nei deserti del Nord-Africa. Mentre Italia e Libia brindano al protocollo che attiva pattuglie per controlli marittimi interforze, la confinante Algeria sta per scegliere il vincitore della gara per il pattugliamento elettronico dei suoi confini terrestri: 6.500 chilometri, il doppio di quelli che separano Messico e Usa, in parte confinanti con la stessa Libia. Il Paese non bada a spese, in troppi ormai attraversano anche l’Algeria per andare in Marocco o Libia, e poi in Europa via mare, in genere la Sicilia se le carrette non fanno naufragio su Malta. L’agenzia Frontex a settembre ha censito 1.600 clandestini (aprile) , nel 2006 erano stati 19mila,nel 2002 12mila.
La spagnola Indra (alleata di Alcatel) assicura che il suo sistema Sive ha un software in grado di capire se ciò che striscia al buio nella sabbia del deserto è un uomo o un animale. Indra ha intercettato gli arrivi di immigrati sulle coste andaluse e delle canarie, alla frontiera di Lettonia e Russia e di Arabia e Irak. Appalto consistente, il solo valore delle opere murarie accessorie è di 8,5 milioni di euro. In corsa anche i francesi di Thales, gli italiani con Selex, i tedeschi di Eads e la statunitense Raytheon.
Tutto questo fervore farà bene al Mare nostrum? Forse. Il protocollo sottoscritto a fine anno da Roma e Tripoli, a lungo atteso, prevede pattugliamenti comuni con 6 unità navali cedute pro tempore dall’Italia. Equipaggi misti, un comando interforze, il capo libico, il vice italiano. L’Italia coopererà con la Ue per la fornitura, con soldi del bilancio comunitario, di un sistema di controllo per le frontiere terrestri e marittime libiche, realizzato secondo le indicazioni dei libici. La posta è l’Accordo quadro fra l’Unione Europea e la Grande Giamahiria che, non va dimenticato, è anche terra di approdo di clandestini: 1,5 milioni di immigrati, il doppio della forza lavoro legale del paese.
Che, però, resta un affare interno.