Sul volo Roma-Hong Kong il piccolo Calvin, un bimbo filippino di nove mesi, non trova pace nè sonno. Sembra intuire che il suo è un volo di sola andata. Starà con la nonna, forse per due, tre anni, in un villaggio di montagna a cinque ore da Manila. Si usa così. Per la mamma, quando tornerà in Italia, da sola, sarà più facile occuparsi dei
figli della coppia che le dà lavoro. Sembra che sia normale, privarsi dei figli piccoli e farli allevare lontano, dai parenti rimasti a casa. Calvin per tutta la notte si è dimenato fino ad addomentarsi a un’ora dall’arrivo a Hong Kong. Nel lettino dell’aereo. Non dovrebbe essere normale, eppure lo è. Nelle Filippine, un popolo di badanti, le cui rimesse sostengono il Paese, sarebbe carino che qualcuno aspettasse il piccoletto all’arrivo, a Manila. Ricordate? Il presidente filippino Gloria Arroyo l’ha fatto, le ha aspettate e le ha accolte con i guanti gialli. Non per fare retorica: ma chi mai potrà restituire a Calvin gli anni senza la mamma? Parliamo con lei, che è seduta al nostro fianco. Anche lei, ci racconta, è stata portata nelle Filippine, ed è rimasta senza la mamma per più di dieci anni. Che brutto, ricorda. Ma cambiamo discorso perchè è meglio così. Ci avvisano che all’arrivo mancano pochi minuti. Ciao Calvin. Arrivederci, chissà quando. A Roma.